IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 20730/2000
proposto  da Favia Gianfranco e Lacaita Maria Grazia, rappresentati e
difesi dall'avv. Mario Racco elettivamente domiciliati in Roma, viale
Mazzini n. 114/b;
    Contro  Ministero  della  sanita'  e Ministero dell'universita' e
della  ricerca  scientifica  e tecnologica, in persona dei rispettivi
ministri  pro tempore e Azienda ospedaliera policlinico universitario
di Bari;
    Per   l'accertamento   del  diritto  dei  ricorrenti,  in  quanto
professori   universitari  della  facolta'  di  medicina,  a  vedersi
garantita  l'applicazione  della  normativa  vigente sull'ordinamento
universitario,  quale  risulta  dal  d.P.R  .n. 382/1980 e successive
modificazioni   e   integrazioni   e   dalle  ulteriori  disposizioni
legislative   intervenute   in   materia,   in   tema   di  esercizio
dell'attivita' istituzionale di didattica e ricerca e direzione delle
strutture  assistenziali e delle relative funzioni dirigenziali. Cio'
in  relazione  alle intervenute disposizioni del d.lgs. n. 229/1999 e
del d.lgs. n. 517/1999;
    Nonche' per l'annullamento della nota del rettore dell'Universita
di  Bari  del  3  marzo  2000,  protocollo  n. 2155,  indirizzata  al
personale  medico universitario o assimilato alla dirigenza sanitaria
non  medico conferito in convenzione col Servizio sanitario nazionale
ed  altri,  avente ad oggetto: "Opzione per l'attivita' intramoenia o
extramoenia - applicazione d.lgs. n. 517":
    Previa:
        devoluzione  alla  Corte  costituzionale, in via incidentale,
della questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni del
d.lgs. n. 517/1999 come esposto in ricorso;
        sospensione,   medio  tempore,  dell'efficacia  della  citata
comunicazione del 3 marzo 2000 protocollo n. 2155 e di ogni ulteriore
provvedimento,  emanato  e/o  emanando  dall'ateneo  di  riferimento,
ancorche'  al  momento  non cognito, immediatamente e pedissequamente
applicativo dei citati decreti legislativi n. 517/1999 e n. 229/1999,
ove  adottato  nei  termini  preventivamente  censurati  nel presente
ricorso in quanto ritenuto viziato da illegittimita' costituzionale.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore,  per  la  camera di consiglio del 20 dicembre
2000, il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', i difensori come da verbale;
    Vista   l'ordinanza  cautelare  della  sezione  n. 11033  del  20
dicembre 2000;
    Ritenuto e considerato in:

                           Fatto e diritto

    1.  -  I ricorrenti, docenti universitari afferenti alla facolta'
di  medicina  e  chirurgia,  in servizio presso l'Azienda policlinico
universitario   di   Bari,   impugnano   con   ricorso  rubricato  al
n. 16014/2000,  il  provvedimento  specificato  in  epigrafe, con cui
viene intimato di optare per l'esercizio dell'attivita' assistenziale
intramuraria    (definita   anche   come   "attivita'   assistenziale
esclusiva")  o  dell'attivita'  libero-professionale  extramuraria ai
sensi dell'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517.
    2.  - Il ricorso investe vari profili della legislazione delegata
di  riforma  del settore sanitario: va allora definito e circoscritto
l'oggetto  del  giudizio,  restando estranee allo stesso alcune delle
argomentazioni  esposte dalla difesa degli istanti, in quanto l'esame
di   questo  giudice  deve  incentrarsi  esclusivamente  sull'oggetto
diretto   ed   immediato  della  contestazione  giudiziale,  e  cioe'
l'esercizio  della detta opzione da parte dei sanitari universitari e
le conseguenze che ne derivano alla loro posizione di status nell'una
e nell'altra ipotesi.
    3.  -  In sede di delibazione dell'istanza cautelare proposta dai
ricorrenti,  la  sezione  ha meditatamente ritenuto di accordare, sia
pure   interinalmente,   il  chiesto  provvedimento  di  sospensione,
rinviando  a  separata  contestuale  ordinanza  la proposizione della
questione  di  costituzionalita'  del  relativo sistema normativo per
possibile  contrasto, quantomeno, con gli artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.,
avuto altresi' riguardo all'entrata in vigore del d.lgs. n. 254/2000.
    In   questa   sede,   in  punto  di  rilevanza,  basti  ricordare
l'orientamento   della  Corte  costituzionale  secondo  il  quale  il
requisito  della rilevanza non viene meno nel caso in cui il giudice,
contemporaneamente  all'ordinanza  di rimessione, abbia disposto, con
separato  provvedimento,  la sospensione stessa, in via provvisoria e
temporanea,  sino  alla  ripresa  del giudizio cautelare (cfr. sentt.
nn. 444  del  1990,  367  del 1991 e 4 del 2000); e cio' anche per il
caso   che  la  dedotta  incostituzionalita'  di  una  o  piu'  norme
legislative costituisca l'unico motivo del ricorso innanzi al giudice
a  quo,  essendo  comunque  individuabile  nel giudizio principale un
petitum   separato   e   distinto  dalle  questioni  di  legittimita'
costituzionale,  sul  quale questo giudice e' chiamato a pronunciarsi
(cfr. sentt. nn. 263 del 1994, 128 del 1998 e 4 del 2000 cit.).
    4. - Sempre in punto di rilevanza, va ricordato che la contestata
opzione  e'  imposta dall'art. 5, commi 7 e 8, del d.lgs. 21 dicembre
1999,   n. 517   cit.:   si'   che,  dovendosi  fare  necessariamente
applicazione  delle  dette  disposizioni, il giudizio non puo' essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
legittimita' costituzionale.
    D'altro   canto,   il  provvedimento  in  questa  sede  impugnato
costituisce puntuale applicazione delle disposizioni medesime, con la
conseguenza  che  l'eventuale eliminazione delle stesse dalla realta'
giuridica    determinerebbe    il    soddisfacimento   dell'interesse
sostanziale dei ricorrenti.
    5.  -  L'entrata in vigore del d.lgs. 28 luglio 2000 n. 254 - che
reca  disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. n. 229/1999 -
impone   al   collegio  di  soffermarsi  sulla  normativa  introdotta
dall'art. 3  (che  sostituisce  il comma 10 all'art. 15-quinquies del
d.lgs.  n. 502/1992,  introdotto dall'art. 13, d.lgs. n. 229/1999) ai
fini della verifica della rilevanza o meno di tale disposizione sulla
controversia all'esame della sezione.
    L'art. 3  cit.  consente, in caso di carenza di strutture e spazi
idonei  alle  necessita'  connesse  allo  svolgimento delle attivita'
libero-professionali  in  regime  ambulatoriale,  limitatamente  alle
medesime  attivita' e fino al 31 luglio 2003; l'utilizzo del "proprio
studio  professionale" da parte dei sanitari universitari optanti per
l'attivita' intramuraria.
    Tale  norma non rileva, peraltro, allo stato, nel giudizio che ne
occupa.
    Ed   invero,   la  questione  di  costituzionalita'  del  sistema
normativo  posto  a  base  dell'impugnata opzione viene sollevata dal
collegio  sotto  tre  distinti profili (di cui, infra): per contrasto
con   l'art. 33   Cost.  in  relazione  al  principio  dell'autonomia
universitaria  nel  perseguimento  dei fini istituzionali didattici e
scientifici;  per contrasto con l'art. 76 Cost. per contrasto con gli
artt. 3  e 97 Cost., specificatamente, della norma dell'art. 5, comma
8,  d.lgs.  n. 517/1999 nella parte in cui, imponendo di compiere una
scelta  entro  un  termine  perentorio,  e  attribuendo  alla mancata
opzione  dell'interessato  un  significato legale tipico (equivalenza
alla  scelta per l'attivita' assistenziale esclusiva), non condiziona
o correla l'esercizio dell'opzione alla concreta disponibilita' delle
strutture.
    Appare  di  tutta evidenza che i primi due aspetti (contrasto con
gli  artt. 33 e 76 Cost.) non sono minimamente scalfiti dalla portata
del    detto   art. 3,   in   quanto   la   rilevata   questione   di
costituzionalita'  viene  sollevata,  giusta  la  prospettazione  che
segue, indipendentemente dal profilo della necessita' di prescrizione
della previa individuazione delle strutture.
    Un  approfondimento  meriterebbe  il  punto relativo al contrasto
dell'art. 5,  comma  8,  cit.  con  gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto
riferito alla concreta disponibilita' delle strutture.
    Ma,  in  questa  sede,  non  sembra  possa ritualmente porsi tale
questione.
    Ed  invero,  la  "novita'"  introdotta  dal  legislatore delegato
attiene   esclusivamente  alle  attivita'  professionali  "in  regime
ambulatoriale"  e  quindi  investe  solo  la  posizione  dei sanitari
universitari che espletano la propria attivita' in tale regime.
    Orbene,   se   e'  vero  che  i  ricorrenti  non  si  qualificano
espressamente  sotto  tale  profilo,  e'  pur  vero che la resistente
amministrazione  -  che  pur  chiede  una  verifica di rilevanza alla
stregua  della norma sopravvenuta - non eccepisce alcunche' sul punto
dell'attivita'  specificatamente  espletata dai ricorrenti: deve allo
stato  degli  atti  ragionevolmente ritenersi, pertanto, che la norma
dell'art. 3 per nulla incida sulla posizione degli odierni ricorrenti
in riferimento all'attivita' di pertinenza.
    Ne'  puo'  orientare  diversamente  il  richiamo,  ad  opera  del
precitato  art. 3,  alle  previsioni  dell'art. 72, legge 23 dicembre
1998,   n. 448,   per   quanto   espressamente  concerne  l'attivita'
libero-professionale "in regime di ricovero".
    Tale disposizione, che demanda al direttore generale dell'azienda
sanitaria  l'assunzione  di  "iniziative" per il reperimento di spazi
sostitutivi  al  di fuori dell'azienda stessa, si muove sul piano dei
meri intenti operativi, mentre e' la prescrizione normativa in questa
sede  contestata  che,  per  essere  conforme  -  ad avviso di questo
giudice  ai  canoni  costituzionali (secondo le considerazioni di cui
infra),   avrebbe   necessariamente  richiesto  l'introduzione  della
previsione  di concreta disponibilita' delle strutture medesime quale
condizione per l'esercizio dell'opzione per cui e' causa.
    6. - La questione, oltre che rilevante, appare non manifestamente
infondata;  ed  invero,  come gia' esposto e ritenuto nella precitata
ordinanza   cautelare,   la   sezione   dubita   della   legittimita'
costituzionale  delle  norme  poste  a base dei detti provvedimenti e
delle disposizioni alle stesse sottese (o comunque connesse): ritiene
pertanto  di  dover  sollevare,  anche  d'ufficio  per  i profili non
trattati  dai  ricorrenti, la relativa questione di costituzionalita'
per contrasto con i gia' ricordati artt. 3, 97, 33 e 76 Cost.
    Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza e' perfettamente uguale a
quello   dell'ordinanza   pubblicata   in   precedenza   (Reg.   ord.
n. 741/2001),  ad  eccezione  della numerazione dei paragrafi e della
data  in  calce  all'ordinanza  "20 dicembre 2000" anziche' "5 luglio
2000".
01C0978